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Solfeggio in rete

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Consigli e incoraggiamento per lo studente di solfeggio

Considerazione 1: il solfeggio (in tutte le sue forme) è noioso, diciamolo una volta per tutte, per lo meno se lo si considera un'esercitazione astratta e solitaria; altra cosa è l'appoggio che un gruppo affiatato può dare allo sforzo comune. Si progredisce anche ascoltando gli altri, cantando in gruppo e, in generale, superando l'isolamento in cui lo studio dello strumento ci costringe.

Considerazione 2: rimbocchiamoci le maniche e affrontiamo il solfeggio con dolcezza e soavità. Se abbiamo deciso di studiare, tanto vale assumere un atteggiamento costruttivo. La rabbia e l'insofferenza provocano spesso reazioni uguali e contrarie; il gioco è serio, perché l'unica variabile in campo siamo noi stessi, siamo gli eroi e le vittime di una partita ben giocata o affrontata con malanimo e spirito di sopportazione.

In altre parole: riceviamo dallo studio la stessa energia (positiva o negativa) che noi stessi decidiamo di impiegare.

Dopo queste considerazioni generali prendiamo in mano il libro dei solfeggi e guardiamolo dritto negli occhi; apparentemente assomiglia agli altri libri di musica, stesso colore della copertina, stesso formato, ma con una differenza essenziale: esso non 'suona', non comunica immediatamente il desiderio di salire sul leggìo e di sublimarsi in 'suono'. D'altra parte il nostro atteggiamento nei suoi confronti non è molto positivo, è di diffidenza, di sospetto, nutriamo segretamente la certezza che ci farà perdere un sacco di tempo prezioso. Non lo coccoliamo con lo stesso tenero affetto dei suoi simili libri 'musicali', lo vediamo come uno strumento di sofferenza, un necessario tributo da pagare per accedere ai più sublimi strati artistici dell'esecuzione musicale.

C'è del vero in questo, ma c'è anche un poco di pregiudizio e di diffidenza (il pregiudizio nasce dall'ignorare e la diffidenza dalla paura dell'ignoto).

E' uno strumento che ci offre la possibilità di mettere a fuoco le nostre attitudini, di migliorarle, di mettere alla prova i nostri limiti, ed eventualmente di decidere che la musica non è la strada che fa per noi (anche questa consapevolezza, se corrisponde al vero, è un raggiungimento importante e serio).

Ricordiamo che il termine 'strumento' designa un mezzo non un fine, il fine siamo noi stessi, l'oggetto di studio siamo noi, non il solfeggio (o il violino, il pianoforte, che sono pure 'strumenti'). Noi possiamo mutare nel tempo, progredire nella comprensione della musica, perfezionare le attitudini, il solfeggio è una disciplina della mente, non un ente animato che impone sacrifici gratuiti.

1) Decidiamo in anticipo quanto tempo dedicheremo allo studio. In questo modo sarà possibile distribuire i diversi aspetti della materia in momenti ben precisi e definiti (inutile insistere a oltranza su un passo difficile, meglio riprenderlo in momenti diversi).

2) Lo studio della musica ha alcune peculiarità che lo distinguono dallo studio di altre discipline:

- E' un'attività che coinvolge la mente, la memoria e la fisicità.

Intonare una linea melodica implica l'attenzione sulla laringe (che è l'organo di fonazione), sulla capacità di ascoltare e ascoltarsi ed affinare l'orecchio; implica anche l'esporsi, superare cioè il pudore che ci fa vergognare della nostra voce. Si supera facilmente, ma quanti di noi studiano il solfeggio cantato a casa con voce piena e tonante? Non preferiamo invece chiuderci nella stanza più lontana dal genere umano e sussurrare, vergognandoci come malfattori?

- E' un'attività che ci modifica sia psicologicamente che fisicamente.

Avremmo voluto scrivere: 'ci migliora', ma è meglio non esagerare nell'enfasi, per ora.

Sicuramente lo studio della musica comporta un adattamento o meglio un allargamento delle attitudini fisiche e mentali, così come un'attività atletico-sportiva, o l'interesse acuto per l'era dei dinosauri, o la convivenza con un cucciolo di pastore tedesco.

La trasformazione che la musica compie in noi è più radicale, agisce a un livello più profondo, perché vi poniamo aspettative importanti, perché ci scontriamo ogni giorno con ostacoli da superare, perché durante lo studio compiamo una spietata analisi dei nostri limiti, inanelliamo una critica dopo l'altra circa le nostre qualità e valutiamo l'opportunità di proseguire nello studio; per certi aspetti lo studio della musica è paragonabile ad un percorso psicanalitico.

A complicare la situazione c'è anche il fatto che la nostra coscienza critica è già piuttosto sviluppata e poco tollerante. Riflettiamo su un fatto molto semplice: quanto tempo e lavoro ci è costato l'imparare a leggere e scrivere? Anni, parecchi anni, ma l'età in cui abbiamo compiuto i progressi era diversa, ogni piccolo successo costituiva una spinta a progredire, un insuccesso non ci abbatteva più di tanto; alla fine il risultato è acquisito con apparente facilità, leggiamo parole, frasi, novelle, romanzi con sicurezza e quasi inconsapevoli delle complesse operazioni logiche che la lettura comporta.

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Con le dovute differenze, la lettura della musica richiede gli stessi tempi e gli stessi sforzi, ma in condizioni psicologiche diverse, perché l'urgenza è tanta e la tolleranza con noi stessi è limitata dal confronto con i compagni di strada (è un aspetto dello studio musicale che incide non poco sull'autostima).

Per questo aspetto proponiamo una riflessione: diamoci il tempo necessario, ciascuno di noi ha un ritmo di apprendimento diverso, rispettiamolo senza farci assalire da angosce e dalla fretta di constatare subito dei risultati. Il corso di Teoria e Solfeggio dura tre anni (tanto quanto la durata prevista per la Laurea breve!). E' un tempo molto lungo, forse sproporzionato rispetto al lavoro da svolgere, ma riteniamo che gran parte di questo tempo debba servire per metabolizzare ciò che si studia.

Il corso di Teoria e Solfeggio (in tutte le forme pedagogiche più diffuse) è una delle porte d'ingresso nel mondo della musica, ci dà il tempo e il modo di conoscere aspetti dell'esperienza sonora che lo studio del solo strumento non può svelarci.

Approfittiamone, usiamo questo tempo per indagare con curiosità quali e quanti angoli misteriosi cela l'esperienza musicale; non solo il virtuosismo, non solo l'abilità tecnica, ma anche la varietà dei timbri, i primi passi del canto corale, i segreti dell'Armonia e della Composizione, il mondo parallelo della sensazione sonora, che può svelarsi anche in assenza del suono fisico, che può palesarsi con immagini della mente quando iniziamo a 'pensare' la musica anziché 'sentirla'.

Buon lavoro

(g. g. 2011)

 

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